mercoledì 8 ottobre 2014

Pedigree e CV di Nestlé (multimnazionali)

NESTLE': ECCO ALCUNI DEI SUOI CRIMINI
Pubblicato su 6 Ottobre 2013 da frontediliberazionedaibanchieri in AMBIENTE
DICI NESTLE’ E IL PENSIERO VA AL NEQUICK E AL KITECAT O PERCHE’ NO AL NESCAFFE’…DICI NESTLE’ E TI VIENE IN MENTE QUEL BEL CUORICINO ROSA O LE COLOMBINE COSI’ CARINE.PECCATO CHE DIETRO CI SIA MOLTO DI PIU’.LA MULTINAZIONALE DEI CEREALI,LATTE,SNACK,PASTA,COSMETICI E ACQUA VANTA PARECCHIE ACCUSE PER VENDITA DI CIBO TRANSGENICO,INQUINAMENTO DEL LATTE,ESPERIMENTI CRIMINALI SU DEI POVERI ANIMALI, NONCHE’ PER SCHIAVISMO,SFRUTTAMENTO DEI LAVORATORI E MANODOPERA MINORILE..INSOMMA ALTRO CHE DOLCI,COLOMBINE O CUORICINI QUESTA E’ UNA MULTINAZIONALE DA INCUBO

LA NESTLE’ E’ VITA,LA NOSTRA VITA,PERCHE’ NOI POTREMMO TRANQUILLAMENTE VIVERE DEI LORO PRODOTTI.
Infatti questa multinazionale svizzera ha un regime quasi di monopolio nel mercato mondiale. Facciamo un esempio? ci alziamo la mattina, facciamo colazione con i cheerios, magari accompagnati da unatazza di caffè (naturalmente Nescafè) o del buon latte Latière e un bel bicchiere di San Pellegrino. A pranzo una bella pasta Buitoni, un bel gelatino Motta, per digerire facciamo sport, giusto per rimanere in forma, allora perche non usare un PowerBan? E la sera? Massi, dedichiamoci a bimbi, diamogli un bel Fruttolo, cosi non fanno i capricci, e ai nostri amici animali un bel Friskies e poi a nanna. E domani non abbiate paura, a voi ci penserà ancora la Nestlè, con prodotti diversi ovviamente, mica hanno solo questi. Infatti al momento la multinazionale Svizzera può vantare un ventaglio di 189 grandi marchi, mica poco. Ma sotto questa egemonia, come ogni storia che si rispetti, c’è sempre qualcosa da analizzare e scoprire, e come San Tommaso noi siamo pronti ad analizzare la ricetta di tale successo !


LA STORIA DI UN IMPERO.
Corre l’anno 1860 quando il farmacista Henri Nestlè sviluppò un alimento per i neonati che non potevano essere nutriti al seno a causa di particolari intolleranze. Il prodotto creato, la Farine Lactèe Henri Nestlè, salvò la vita di un bambino e fu presto venduta in tutto il continente europeo. Nel 1866 fu quindi fondata ufficialmente la Nestlè, destinata col tempo a diventare forse la piu conosciuta multinazionale del mondo. Nel 1905, la Nestlé si fuse con la Anglo-Swiss Condensed Milk Company, dando il via ad una vertiginosa crescita che coinvolse in seguito nazioni del calibro di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Spagna. Durante la Prima guerra mondiale crebbe la richiesta di prodotti caseari, e la produzione della Nestlé raddoppiò prima della fine del conflitto.Dopo la fine del conflitto il mercato caseario tornò a normalizzarsi e gran parte dei consumatori tornarono al latte fresco. La Nestlé rispose a questo mutamento di contesto modificando la propria linea aziendale, riducendo il proprio debito e iniziando a espandersi nel settore della produzione del famosissimo cioccolato, a tutt’oggi la seconda attività più importante dell’azienda.All’inizio della Seconda guerra mondiale furono realizzate nuove fabbriche in molti paesi in via di sviluppo in america latina. Proprio la guerra, paradossalmente, portò all’invenzione di un nuovo prodotto di enorme successo, il Nescafè, utilizzato in primis dall’esercito americano e poi diffusosi nel mondo.

LA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.
Fu l’inizio di una fase molto dinamica. La crescita dell’azienda fu accelerata e furono portate a termine numerose acquisizioni. Nel 1947 la Nestlé si fuse con la Maggi, seguirono Crosse&Blackwell (1950), Findus (1963), Libby’s (1971) e Stouffer’s (1973). Fu inoltre realizzata nel 1974 una shareholding con L’Oreal, che rese ufficiale l’allargamento degli interessi commerciali, ormai usciti dal guscio alimentare. Nel 1977 l’espansione continuo’ con l’aquisizione di Alcon Laboratories e nel 1984 si aggiunse anche la compagnia americana Carnation.Con la nascita del mercato globale, datata nella meta’ degli anni ’90 la Nestlé si affaccio’ su importanti mercati nei quali emergenti. Negli anni successivi avvennero nuove importanti acquisizioni: Sanpellegrino nel ’97, Spiller Petfoods nel ’98, Chef America, Ralston Purina e Dreyer’s nel 2002 e per finire la Gerber nel 2007. Fin dagli ultimi anni del settanta, la Nestlé è stata oggetto di numerose critiche per la sua politica commerciale, che hanno fatto nascere numerosi movimenti di opposizione a questa azienda, iniziati su vari fronti e in diversi paesi, tutti riuniti in un comitato chiamato International Nestlè Boycott Committee, che ha in Jean Ziegler uno degli esponenti di spicco in materia di critiche.

IL LATTE, CROCE E DELIZIA.
In materia di promozione, la Nestlé viene accusata di una politica commerciale aggressiva e irresponsabile, sopra tutto per quanto riguarda la promozione di latte per neonati nei paesi in via di sviluppo, che avviene attraverso forniture gratuite a strutture ospedaliereLa stessa UNICEF dichiara che la sostituzione dell’allattamento materno con il latte in polvere, porterebbe nei paesi del Terzo mondo alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno, a causa di problematiche legate alla difficoltà di sterilizzazione dell’acqua e dei biberon utilizzati, fatto che comporta un aumento dei rischi di mortalità post-neonatale rispetto all’allattamento naturale.Per queste ragioni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) adottò il 22 maggio del 1981, l’International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes, un regolamento internazionale sulla promozione di surrogati del latte materno, linea guida non legalmente vincolante al quale la Nestlé aderì nel 1982.I controlli eseguiti nel 1988 dalla International Baby Food Action Network riscontrarono delle infrazioni da parte dell’azienda e di altre compagnie produttrici di latte per neonati e provocarono la ripresa del boicottaggio dell’azienda nato nel 1977 e successivamente interrotto con la sua adesione al Codice dell’OMSDiverse indagini hanno mostrano come la Nestlé ed altre compagnie produttrici di latte in polvere per neonati negli ultimi anni abbiano ripetutamente infranto il Codice internazionale dell’OMS al quale hanno ufficialmente aderito, in particolar modo nelle regioni meno sviluppate del pianeta.Ma la Nestlè fa scandalo anche nel nostro paese, dove nel 2009 la filiale italiana è stata penalmente condannata, in compagnia della Tetrapak, al risarcimento danni, tramite un tipo di inchiostro chiamato Itx, per l’inquinamento del latte Nidina..

IL CIBO TRANSGENICO.
Nell’agosto del 2004 un test effettuato da Greenpeace porto’ alla luce la presenza di organismi geneticamente modificati in una confezione di Nesqiuk, seguita da una denuncia fatta da una donna cinese, che denunciò la multinazionale poiché l’uso di OGM nei prodotti per l’infanzia, al tempo assolutamente proibito dalle leggi locali. Nel novembre 2005 Nestlé si oppose alla decisione svizzera di bandire gli OGM

SCHIAVISMO E MANODOPERA MINORILE.
La Nestlè viene ufficialmente denunciata per l’uso di manodopera ridotta in schiavitù. Salta all’occhio una testimonianza di traffico di minori, dal Mali alla Costa d’Avorio, costretti in seguito a lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno in piantagioni di cacao (dove la stima parla di circa 284.000 minori all’opera), e oltretutto gratuitamente, con cibo in quantità ridotte, poco sonno e ripetute percosse. In quelle zone la multinazionale svizzera è la terza compratrice mondiale, e l’esportazione del cacao, a quanto appurato, sarebbe stata la principale fonte finanziaria per le forze militari della guerra civile.Nel 2001 Nestlé e altri grandi produttori di cioccolato hanno firmato un accordo, il protocollo Harkin-Engel (o più comunemente chiamato Protocollo sul cacao), per affermare che sarebbe certificato, da luglio 2005, che il suo cioccolato non era stato prodotto attraverso manodopera minorile forzata o proveniente da traffico di esseri umani, ma il protocollo stesso, secondo il più recente report dell’International Labor Rights Fund pubblicato nel 2008, sarebbe stato disatteso.


RITORSIONI SUI LAVORATORI.
La Nestlè sembra oltretutto essere autrice di licenziamenti a scopo intimidatorio, come quello dell’89 in Brasile, a Cacapava, dove i lavoratori di una fabbrica di cioccolato scioperarono per denunciare le condizioni di lavoro penose, la discriminazione nei confronti delle donne, la mancanza di adeguati indumenti protettivi e di adeguate condizioni di sicurezza. A seguito della protesta, in breve tempo quaranta operai furono licenziati, compresi quasi tutti gli organizzatori dello sciopero.Per completare questa interessante lista, ricordiamo che la L’Oreal, marca di cosmetici francese facente parte del gruppo Nestlé, é stata recentemente fatta oggetto di un boicottaggio denunciante gli allucinanti esperimenti perpetrati a danno di animali per testare la cancerogenicità dei propri prodotti. Ancor più recentemente la multinazionale Nestlé é stata accusata di utilizzare nei suoi prodotti alimentari cereali e derivati manipolati geneticamente (un esempio é la pasta per torte della Leisi).







Nestlè, non solo carne di cavallo
Anche pizze, cacao e latte tra gli scandali alimentari del colosso svizzero che è in buona compagnia
Il comunicato stampa pubblicato da Nestlè Italia è chiarissimo: dopo la diffusione delle notizie relative allo scandalo per la contaminazione di lasagne e hamburger con carne di cavallo partito in Gran Bretagna, la multinazionale svizzera ha ordinato controlli a tappeto in tutta Europa per scovare eventuali fornitori di prodotti alimentari distribuiti con etichette false. Vale a dire che non riportano in maniera esatta il contenuto degli stessi.

Ebbene, sono bastati un paio di test per riscontrare tracce di DNA equino anche in due prodotti Nestlè: i "Ravioli di Brasato Buitoni" e i "Tortellini di Carne". Alimenti che l'azienda ha poi deciso di ritirare volontariamente dai mercati di Italia e Spagna, nonostante non rappresentassero alcuna minaccia sul piano della sicurezza alimentare.

Nestlè ha poi chiarito che le confezioni incriminate sono state tutte commercializzate dall'azienda tedesca H.J. Schypke, subappaltatrice del fornitore JBS Toledo N.V., precisando altresì che nonostante tutti gli altri prodotti legati alla multinazionale non siano da ritenere a rischio, il gruppo si è impegnato ad eseguire nuovi controlli prima di autorizzare la ripresa della produzione.

Quantificare il danno economico innescato dallo scandalo "carne di cavallo" è difficile, ma da questo comunicato è evidente che la priorità degli svizzeri è stata quella di limitare le ricadute negative sul piano dell'immagine. Considerando che non è la prima volta che i prodotti Nestlè, alimentari e non, vengono ritirati dal mercato in via precauzionale, quella di agire in anticipo è stata senza dubbio un'ottima mossa per evitare polemiche che, prima o poi, sarebbero scoppiate.

Quindi meglio tutelarsi prima rinunciando ad alcune vendite e, ancora più importante, circoscrivere il problema ad un paio di prodotti piuttosto che essere accusati poi di aver (volontariamente) fatto finta di nulla. Anche perché, come abbiamo già detto, i precedenti non mancano. A novembre 2012 Nestlè era stata costretta a ritirare dal mercato americano il Nesquik, perché nelle confezioni prodotte e distribuite negli Usa il carbonato di calcio usato per produrre il cacao in polvere era considerato a rischio salmonella. Un mese dopo gli svizzeri hanno ritirato "volontariamente" anche le pizze commercializzate come "Le Creazioni di Casa Buitoni", nelle tre varietà "mozzarella, provolone e pomodorini", "spinaci e armonia di formaggi" e "funghi e armonia di formaggi". Il motivo? I numerosi reclami di consumatori che avrebbero trovato nelle confezioni alcuni piccoli corpi estranei di natura metallica. Anche in questo caso gli alimenti erano stati commercializzati da un fornitore tedesco.

Più lontani nel tempo sono gli scandali legati al latte: nel 2005 vennero ritirate in Italia 30 milioni di confezioni di latte per neonati perché contenenti tracce di un elemento in genere utilizzato nella fabbricazione di imballaggi. Nel 2008 venne bloccata la vendita di sei tipi di latte prodotti e commercializzati in Cina perché sospettati di contenere melamina.

Nel mondo degli scandali, alimentari e non, la Nestlè è, purtroppo, in buona compagnia. Trovare esempi è facile: a luglio 2012 l'agenzia americana per la sicurezza dei consumatori ha richiamato 220mila passeggini Peg Perego perché considerati "a rischio strangolamento". IKEA aggiorna costantemente la pagina relativa alle comunicazioni di sicurezza . L'ultima segnalazione riguarda binari difettosi che potrebbero causare il rischio di scossa elettrica una volta completata l'installazione delle lampade ad essi collegati.

A tutela dei consumatori di tutto il mondo sono intervenuti Unione Europea e OCSE, creando un portale che consente ad autorità e cittadini di scambiare informazioni sui prodotti non sicuri e ritirati dal mercato. Solo a gennaio 2013 le segnalazioni sono state 55. In tutto il 2012 1621. Di cui 45 riguardanti l'Italia.




Latte contaminato/ La Nestlè nello scandalo. Ritirati i prodotti da Taiwan. La replica ad Affaritaliani.it: "I nostri prodotti sono sicuri"
La Nestè nella bufera della latte contaminato alla melammina. Prima il ritiro dal commercio a Hong Kong del Dairy Farm (un latte Hht a lunga conservazione), poi il caso del bimbo ricoverato in ospedale a Macao dopo aver bevuto un prodotto della multinazionale svizzera. Ora, a Taiwan, le autorità hanno annunciato di aver bloccato la vendita di sei tipi di latte, perchè sospettati di contenere la sostanza chimica al centro dello scandalo del latte cinese che ha provocato la morte di almeno 4 bambini e problemi di salute a altri 53.000.
Il Dipartimento della Salute di Taiwan ha chiesto di fatto alla Nestlé di sospendere temporaneamente la vendita dei prodotti Neslac e KLIM fatti in Cina e venduti a Taiwan. Test effettuati a Taiwan hanno permesso di accertare la presenza di dosi di melamina in latte in polvere prodotto nella provincia nordorientale cinese di Heilongjiang proprio dalla Nestlè. Ad annunciare la positività dei test è stato lo stesso Ministro della Sanità, Yeh Ching-chuan, precisando che i prodotti verranno immediatamente ritirati dal mercato.

Per il ministro "tali basse dosi di melamina non avranno effetti sulla salute delle persone... ma li ritireremo in linea con le nostre procedure". Taiwan - ha concluso - si consulterà con esperti in sicurezza alimentare di Stati Uniti, Giappone, Europa e dell'Oms per decidere se consentire o meno la commercializzazione di prodotti contenenti tracce di melamina.

La Nestlé, contatatta da Affaritaliani.it, ha assicurato che tutti i prodotti lattiero-caseari fatti in Cina sono sicuri, secondo gli standard cinesi della presenza di melammina nel latte. Il loro obiettivo è ora quello di sollecitare il Dipartimento della Salute di Taiwan ad introdurre degli standard scientifici in materia (attualmente non presenti). Come ha spiegato il ministro della salute e anche secondo gli esperti internazionali i livelli di melamina individuati in questi prodotti  "sono talmente minimi da essere contenuti in qualsiasi prodotto alimentare in qualunque parte del mondo", si giustifica l'azienda.  

"Queste minime tracce esistono nel ciclo naturale del cibo. Infatti, l'Ue e gli Usa hanno da lungo tempo fissato limiti per la presenza di melamina nel cibo e l'Oms ha recentemente diffuso delle raccomandazioni che sono state usate da altri Paesi per fissare i propri standard". E ancora: "Il limite di individuazione di 0.05 ppm attualmente in vigore a Taiwan è fino a 50 volte inferiore agli standard riconosciuti e accettati a livello internazionale". Prodotti Nestlè addio da Taiwan, quindi? "No, l'azienda reintrodurrà  i prodotti Neslac e Klim non appena Taiwan fisserà gli standard di legge per la melamina nel cibo". Ma Taiwan resta preoccupata.

Il 10% del suo latte in polvere proviene infatti dalla Cina e tre bambini e una donna taiwanese hanno avuto problemi ai reni dopo l'assunzione di prodotti cinesi contenenti latte.




Nestlè: la storia di una multinazionale da incubo
La Nestlè è vita, la nostra vita, perche noi potremmo tranquillamente vivere dei loro prodotti. Infatti questa multinazionale svizzera ha un regime quasi di monopolio nel mercato mondiale. 
Facciamo un esempio? ci alziamo la mattina, facciamo colazione con i cheerios, magari accompagnati da una tazza di caffè (naturalmenteNescafè) o del buon latte Latière e un bel bicchiere di San Pellegrino. A pranzo una bella pasta Buitoni, un bel gelatino Motta, per digerire facciamo sport, giusto per rimanere in forma, allora perche non usare un PowerBan? E la sera? Massi, dedichiamoci a bimbi, diamogli un bel Fruttolo, cosi non fanno i capricci, e ai nostri amici animali un bel Friskies e poi a nanna. E domani non abbiate paura, a voi ci penserà ancora la Nestlè, con prodotti diversi ovviamente, mica hanno solo questi. Infatti al momento la multinazionale Svizzera puo’ vantare un ventaglio di 189 grandi marchi, mica poco. Ma sotto questa egemonia, come ogni storia che si rispetti, c’è sempre qualcosa da analizzare e scoprire, e come San Tommaso noi siamo pronti ad analizzare la ricetta di tale successo.

LA STORIA DI UN IMPEROCorre l’anno 1860 quando il farmacista Henri Nestlè sviluppò un alimento per i neonati che non potevano essere nutriti al seno a causa di particolari intolleranze. Il prodotto creato, la Farine Lactèe Henri Nestlè, salvò la vita di un bambino e fu presto venduta in tutto il continente europeo. Nel 1866 fu quindi fondata ufficialmente la Nestlè, destinata col tempo a diventare forse la piu conosciuta multinazionale del mondo. 
Nel 1905, la Nestlé si fuse con la Anglo-Swiss Condensed Milk Company, dando il via ad una vertiginosa crescita che coinvolse in seguito nazioni del calibro di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Spagna. Durante la Prima guerra mondiale crebbe la richiesta di prodotti caseari, e la produzione della Nestlé raddoppiò prima della fine del conflitto.
Dopo la fine del conflitto il mercato caseario tornò a normalizzarsi e gran parte dei consumatori tornarono al latte fresco. La Nestlé rispose a questo mutamento di contesto modificando la propria linea aziendale, riducendo il proprio debito e iniziando a espandersi nel settore della produzione del famosissimo cioccolato, a tutt’oggi la seconda attività più importante dell’azienda.

All’inizio della Seconda guerra mondiale furono realizzate nuove fabbriche in molti paesi in via di sviluppo in america latina. Proprio la guerra, paradossalmente, portò all’invenzione di un nuovo prodotto di enorme successo, il Nescafè, utilizzato in primis dall’esercito americano e poi diffusosi nel mondo.
La fine della seconda Guerra Mondiale fu l’inizio di una fase molto dinamica. La crescita dell’azienda fu accelerata e furono portate a termine numerose acquisizioni. Nel 1947 la Nestlé si fuse con la Maggi, seguirono Crosse&Blackwell (1950), Findus (1963), Libby’s (1971) e Stouffer’s (1973). Fu inoltre realizzata nel 1974 una shareholding con L’Oreal, che rese ufficiale l’allargamento degli interessi commerciali, ormai usciti dal guscio alimentare. Nel 1977 l’espansione continuo’ con l’aquisizione di Alcon Laboratories e nel 1984 si aggiunse anche la compagnia americana Carnation.
Con la nascita del mercato globale, datata nella meta’ degli anni ’90 la Nestlé si affaccio’ su importanti mercati nei quali emergenti. Negli anni successivi avvennero nuove importanti acquisizioni: Sanpellegrino nel ’97, Spiller Petfoods nel ’98, Chef America, Ralston Purina e Dreyer’s nel 2002 e per finire la Gerber nel 2007. 
Fin dagli ultimi anni del settanta, la Nestlé è stata oggetto di numerose critiche per la sua politica commerciale, che hanno fatto nascere numerosi movimenti di opposizione a questa azienda, iniziati su vari fronti e in diversi paesi, tutti riuniti in un comitato chiamato International Nestlè Boycott Committee, che ha in Jean Ziegler uno degli esponenti di spicco in materia di critiche. 

IL LATTE, CROCE E DELIZIAIn materia di promozione, la Nestlé viene accusata di una politica commerciale aggressiva e irresponsabile, sopprattutto per quanto riguarda la promozione di latte per neonati nei paesi in via di sviluppo, che avviene attraverso forniture gratuite a strutture ospedaliere
La stessa UNICEF dichiara che la sostituzione dell’allattamento materno con il latte in polvere, porterebbe nei paesi del Terzo mondo alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno, a causa di problematiche legate alla difficoltà di sterilizzazione dell’acqua e dei biberon utilizzati, fatto che comporta un aumento dei rischi di mortalità post-neonatale rispetto all’allattamento naturale.
Per queste ragioni l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS) adottò il 22 maggio del 1981, l’International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes, un regolamento internazionale sulla promozione di surrogati del latte materno, linea guida non legalmente vincolante al quale la Nestlé aderì nel 1982
I controlli eseguiti nel 1988 dalla International Baby Food Action Network riscontrarono delle infrazioni da parte dell’azienda e di altre compagnie produttrici di latte per neonati e provocarono la ripresa del boicottaggio dell’azienda nato nel 1977 e successivamente interrotto con la sua adesione al Codice dell’OMS
Diverse indagini hanno mostrano come la Nestlé ed altre compagnie produttrici di latte in polvere per neonati negli ultimi anni abbiano ripetutamente infranto il Codice internazionale dell’OMS al quale hanno ufficialmente aderito, in particolar modo nelle regioni meno sviluppate del pianeta.

Ma la Nestlè fa scandalo anche nel nostro paese, dove nel 2009 la filiale italiana è stata penalmente condannata, in compagnia della Tetrapak, al risarcimento danni, tramite un tipo di inchiostro chiamato Itx, per l’inquinamento del latte Nidina.

IL CIBO TRANSGENICO 
Nell’agosto del 2004 un test effettuato da Greenpeace porto’ alla luce la presenza di organismi geneticamente modificati in una confezione di Nesqiuk, seguita da una denuncia fatta da una donna cinese, che denunciò la multinazionale poiché l’uso di OGM nei prodotti per l’infanzia, al tempo assolutamente proibito dalle leggi locali. Nel novembre 2005 Nestlé si oppose alla decisione svizzera di bandire gli OGM.


SCHIAVISMO E MANODOPERA MINORILE 
La denuncia alla Nestlè arriva nel 2005 viene ufficialmente denunciata per l’uso di manodopera ridotta in schiavitu’. Salta all’occhio una testimonianza ci traffico di minori, dal Mali alla Costa d’Avorio, costretti in seguito a lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno in piantagioni di cacao (dove la stima parla di circa 284.000 minori all’opera), e oltretutto gratuitamente, con cibo in quantita’ ridotte, poco sonno e ripetute percosse.
In quelle zone la miltinazionale svizzera è la terza compratrice mondiale, e l’esportazione del cacao, a quanto appurato, sarebbe stata la principale fonte finanziaria per le forze militari della guerra civile.
Nel 2001 Nestlé e altri grandi produttori di cioccolato hanno firmato un accordo, il protocollo Harkin-Engel (o piu comunemente chiamato Protocollo sul cacao), per affermare che sarebbe certificato, da luglio 2005, che il suo cioccolato non era stato prodotto attraverso manodopera minorile forzata o proveniente da traffico di esseri umani, ma il protocollo stesso, secondo il più recente report dell’International Labor Rights Fund pubblicato nel 2008, sarebbe stato disatteso

RITORSIONI SUI LAVORATORI 
La Nestlè sembra oltretutto essere autrice di licenziamenti a scopo intimidatorio, come quello dell’89 in Brasile, a Cacapava, dove i lavoratori di una fabbrica di cioccolato scioperarono per denunciare le condizioni di lavoro penose, la discriminazione nei confronti delle donne, la mancanza di adeguati indumenti protettivi e di adeguate condizioni di sicurezza. A seguito della protesta, in breve tempo quaranta operai furono licenziati, compresi quasi tutti gli organizzatori dello sciopero.
Per completare questa interessante lista, ricordiamo che la L’Oreal, marca di cosmetici francese facente parte del gruppo Nestlé, é stata recentemente fatta oggetto di un boicottaggio denunciante gli allucinanti esperimenti perpetrati a danno di animali per testare la cancerogenicità dei propri prodotti. Ancor più recentemente la multinazionale Nestlé é stata accusata di utilizzare nei suoi prodotti alimentari cereali e derivati manipolati geneticamente (un esempio é la pasta per torte della Leisi).




Un altro scandalo Nestlé: what else?

Si allarga e si aggrava lo scandalo della carne equina. Riaffiorano le vicende del latte in polvere e dell'acqua minerale
Dopo il ritiro anche dagli scaffali italiani e spagnoli di ravioli e tortellini congelati con marchio Buitoni, perché contenenti carne di cavallo non dichiarata nell’etichetta, la Nestlé fa fatica a limitare lo scandalo entro i termini di un incidente sgradevole ma in fondo innocuo per la salute dei consumatori. Se mangiare carne equina è un tabù in Inghilterra, a suscitare ovunque allarme è la presenza del fenilbutazone, un analgesico per cavalli potenzialmente dannoso per l’uomo. Il farmaco è entrato in Francia attraverso le carcasse di tre cavalli, macellati in Gran Bretagna e poi esportati oltre Manica.
Inoltre, la truffa non può non far pensare che sia più estesa e riguardi altri prodotti del gigante agroalimentare svizzero. E naturalmente delle domande se le pongono anche le comunità etniche e religiose che osservano precise prescrizioni alimentari e igieniche. Il Consiglio musulmano del Regno Unito ha invitato la comunità a evitare i prodotti a base di carne coinvolti nello scandalo mentre Anil Bhanot, membro fondatore del Consiglio indù del Regno Unito, ha spiegato al Financial Times come i test non dovrebbero essere limitati ai controlli sull’eventuale presenza di tracce di carne di cavallo ma dovrebbero essere «comprensivi e accurati», perché «dovremmo essere altrettanto preoccupati per la carne bovina finita in altri prodotti».
A questo punto, è in gioco il valore più importante per qualsiasi azienda: l’immagine del proprio brand. Sul New York Times, Stephen Castle osserva che Nestlé «conosce fin troppo bene l’importanza della sua brand image, essendo stata oggetto di un boicottaggio dopo essere finita coinvolta in una controversia sul marketing del latte in polvere per i bambini nei paesi in via di sviluppo». Già, come dimenticare quella campagna di boicottaggio del latte Nestlé, peraltro ancora attiva?
Di recente ne ha riparlato sul Guardian proprio Mike Muller, che nel 1974 scrisse un libro dal titolo “The baby killer”, che nella versione in lingua tedesca, diffusa in Svizzera, s’intitolava “Nestlé tötet Babies” (“Nestlé uccide i bambini”). Allora, dalla Gran Bretagna e dalla Svizzera l’indignazione nei confronti della Nestlé varcò l’oceano, prendendo le forme di una protesta attiva, anche in sede di azionariato e di tribunali: la multinazionale era accusata di condurre un “aggressive marketing” per convincere le madri di paesi del Terzo Mondo ad allattare i loro neonati non al seno ma con il latte in polvere. Il prodotto, mescolato con acqua infetta e inquinata, causava la morte di un altissimo numero di bambini. «Un bambino allattato con latte in polvere – secondo l’Unicef – è venticinque volte più a rischio di morire di dissenteria di un allattato al seno, in posti dove l’acqua non è sicura».
La Nestlé si difese allora, cercando si spostare l’attenzione e le responsabilità sul problema dell’acqua non sicura.
E proprio l’acqua è diventata successivamente il grande affare della Nestlé.
Un utile netto pari a oltre otto miliardi di euro nel 2012, l’azienda del Big Food è presente nei cinque continenti, con stabilimenti e con reti di distribuzione che vendono i suoi marchi più noti – Nespresso, Buitoni, Cailler, Motta, Purina. Ed è il gigante mondiale della acque in bottiglia, con San Pellegrino, Perrier, Levissima, Vittel, Poland Springs. Un giro di affari di dieci miliardi di franchi svizzeri. Che solleva di nuovo la protesta di ambientalisti e organizzazioni non governative, anche perché pompa acqua a prezzi bassi nei paesi poveri. Un business che da solo, nella parole del numero uno di Nestlé, Peter Brabeck, può «garantire ancora centocinquant’anni di vita» all’azienda. Un documentario svizzero-tedesco di un’ora e mezzo, “Bottled Life” di Urs Schnell e Res Gehriger, è un duro atto d’accusa nei confronti del colosso elvetico.
Quest’attenzione militante nei confronti della sua attività è considerata un’insidia da contrastare con ogni mezzo dalla Nestlé.
Lo scorso 25 gennaio – secondo quanto riferisce TmNews – è stata dichiarata colpevole di aver spiato l’ong Attac. dal tribunale civile di Losanna. I giudici hanno ritenuto che l’acquisizione da parte della multinazionale di informazioni personali e private, grazie ad alcuni infiltrati, costituisca un attacco illecito alla persona. La società, assieme alla Securitas, è stata condannata a pagare tremila franchi come risarcimento morale a ognuno degli autori del libro Attac contre l’empire Nestlé.
L’affaire comincia nel marzo 2003, in seguito a una manifestazione organizzata da José Bové davanti alla sede della Nestlé a Vevey (cantone di Vaud). La multinazionale incarica la Securitas d’infiltrare la sezione locale d’Attac alle prese con la pubblicazione di Attac contre l’empire Nestlé. Che sarà pubblicato nel 2004, con la prefazione della militante altermondialista franco-americana Susan George. Sull’opuscolo si legge, tra l’altro: «Mentre la Nestlé intasca profitti giganteschi è accusata dai sindacati dei quattro angoli del pianeta di calpestare il diritto del lavoro dei suoi dipendenti». Tra i redattori c’è un’infiltrata Sara Meylan, che sarà smascherata e che, successivamente, di fronte agli inquirenti vuoterà il sacco, svelando la trama spionistica. La magistratura del cantone cerca di minimizzare l’accaduto, senonché sono scoperte altre storie di spionaggio contro organizzazioni locali. Il caso scoppia.
E certo non c’è nessun nesso con queste vicende, ma è un fatto che nel 2001 l’attore Robert Newman e l’attrice Emma Thomosn propongono il boicottaggio del Perrier Comedy Awards, proprio perché il marchio francese è di proprietà della Nestlé. L’anno seguente un concorso cinematografico alternativo prenderà il nome di Tap Water Awards: i premi dell’acqua di rubinetto.

What else? Vedremo da George Clooney, uno degli attori simboli della Hollywood impegnata, fare un gesto analogo?







Nuovo scandalo della carne: Nestlé ritira 238.000 confezioni dal mercato
La Prepared Foods Division di Nestlé Usa ha ritirato dai supermercati gli Hot Pockets Philly Steak and Cheese in tre diverse confezioni, e due formati di Hot Pockets a marchio Croissant Crust Philly Steak.

La multinazionale del cibo spiega che «il motivo è dovuto al ritiro annunciato la settimana scorsa da Rancho Feeding Corporation che colpisce molte aziende. I nostri team  Nestlé ha rivisto i dati dei fornitori ed hanno determinato che una marca Nestlé è stata interessata dal ritiro della carne della Rancho», derivante dalla macellazione di animali malati o malsani.

Il nuovo caso ricorda l’horsegate che nel 2012 terremotò le multinazionali del cibo pronto europee quando si scoprì che Finbdus/Nestlè e altri grandi marchi vendevano prodotti che in etichetta dichiaravano manzo ma poi avevano carne di cavallo.  Ma la storia americana è diversa: anche se Nestlé non acquista la carne direttamente da Rancho sta cercando di capire se lungo la sua catena di approvvigionamento sia stata acquistata carne da Rancho Feeding nel corso del 2013, il periodo critico dichiarato da Rancho. Le indagini hanno confermato che «una piccola quantità di carne della Rancho è stato usata dalla Nestlé di Chatsworth, un’unità di produzione della California, un impianto dedicato interamente ai sandwich a marchio Hot Pockets . Quindi ha ritirato dal mercato 238.000 confezioni dei lotti “contaminati”.

Ma cosa è successo per smuovere un gigante come Nestlé e fargli ritirare merce mai ispezionata dall’U.S. Department of Agriculture (Usda)? La scorsa settimana, la Rancho Food Corp, una grande azienda californiana, ha ritirato dal mercato quasi 9 milioni di libbre di carne bovina che avrebbero potuto essere una potenziale minaccia per la salute dei consumatori.

Secondo l’Usda, Rancho Food Corp. ha  spedito la sua carne bovina potenzialmente contaminata a poco meno di 1.000 rivenditori in California e a una manciata di altre aziende in Alabama, Mississippi, New Mexico, Florida, Washington e Oregon. Anche se  fino ad oggi  non sono stati segnalati casi di malattie legate al consumo della carne della Rancho, la Nestlé ha avvertito i suoi clienti che hanno già acquistato i marchi “contaminati” di restituirli ai rivenditori per avere un rimborso.

Negli Usa questo tipo di ritiro di merci è abbastanza comune, dato che la crescita dei grandi distributori alimentari nazionali e il carente e sottofinanziato regime di ispezione degli alimenti lasciano gli americani a rischio di malattie ed intossicazioni. Ogni anno 48 milioni di americani hanno disturbi e 3.000 persone muoiono a causa di malattie causate dal cibo. Secondo il the Centers for Disease Control, le fonti più comuni delle malattie di origine alimentare sono i cibi crudi derivati da animali, tra cui carne cruda e pollame, uova,  latte non pastorizzato e frutti di mare crudi.

Anche se il presidente Usa Barack Obama nel 2010 ha firmato una legge per dare il via a una delle più grandi revisioni della regolamentazione alimentare statunitense, i funzionari federali sono preoccupati perché, senza finanziamenti,  continuano a scarseggiare gli ispettori ed i controlli alimentari.

In una recente audizione alla Commissione energia e commercio della Camera dei rappresentanti, Michael Taylor,  vice commissario della Food and Drug Administration per gli alimenti e la medicina veterinaria, ha detto: «Continueremo i nostri sforzi per rendere al meglio con le risorse che abbiamo, ma posso dire con assoluta certezza che senza risorse aggiuntive non possiamo fare tutto ciò che ci viene richiesto».

Quindi la sicurezza alimentare dei consumatori Usa è in gran parte nelle mani delle stesse imprese che si muovono solo quando temono di perdere definitivamente la faccia con un altro scandalo alimentare.




Cina distrugge tonnellate di cioccolata Ikea e Nestlè
Nel mirino delle autorità di Pechino la qualità delle torte importate dal colosso svedese e i dolci del gruppo svizzero: i primi conterrebbero troppi batteri coliformi, mentre gli altri avrebbero un eccesso di sorbitolo

MILANO - Ikea senza pace. Dopo lo scandalo della carne di cavallo rinvenuta nelle sue polpette in Europa, adesso il colosso dell'arredamento low cost finisce nel mirino dell'autorità cinesi che hanno annunciato di aver distrutto quasi due tonnellate di torta al cioccolato importata dal gruppo svedese per aver violato gli standard di qualità alimentare.

Da Pechino è arrivata una stretta sui controlli alimentari che hanno messo nel mirino diversi gruppi europei. L'ufficio per la quarentena di Shanghai ha fatto sapere di aver distrutto - tra le decine di altri prodotti - tonnellate di formaggio cremoso Kraft e 2,7 tonnellatte di barrette al cioccolato targate Nestlé. Le autorità cinesi, d'altra parte, Pechino hanno irrigidito le ispezioni alimentari dopo una serie di scandali legati prodotti di importazione falsi o di qualità scadente.
     
Le torte di cioccolata e mandorle Ikea contenevano - secondo le autorità - un eccessivo livello di batteri coliformi che indicano la scarsa qualità dei prodotti. La cioccolata Nestlè, invece, aveva troppo sorbitolo, un dolcificante che in dosi abbondanti può causare problemi intestinali. A dicembre era finita sotto accusa la catena di fast food Kfc perché i fornitori furono scoperti a violare le regole sull'utilizzo di medicinali per l'allevamento dei polli: una denuncia che causò un crollo delle vendite. A gennaio sono calate del 37% nonostante la compagnia abbia annunciato controlli più stretti.

Dopo i controlli, Ikea ha annunicato che ritirerà dalle sue caffetterie in 23 paesi le torte nelle quali le autorità sanitarie cinesi hanno trovato dei batteri fecali. Il colosso svedese ha spiegato all'afp di aver maturato la decisione dopo la distruzione da parte delle dogane cinesi di 1.800 torte chiamate "chokladkrokant" ("croccanti al cioccolato", una torta  alle mandorle con cioccolato, crema di burro e caramello) intercettate nel porto di Shanghai a novembre. Secondo il quotidiano anglofono Shanghai Daily, da una serie di test è emerso che contenevano "un livello eccessivo di batteri coliformi". Normalmente poco pericolosi per i consumatori, questi batteri sono solitamente la spia "di una contaminazione fecale, anche se non è sempre il caso", ha spiegato all'afp un microbiologa dell'autorità per la sicurezza alimentare svedese, Mats Lindblad. Le torte ritirate sono state prodotte da un fornitore svedese, Almondy.  Secondo una portavoce di Ikea, Ylva Magnusson, la concentrazione dei batteri rinvenuti nella "chokladkrokant" non poneva un pericolo grave per la salute pubblica. "Vi sono indicazioni secondo le quali la concentrazione dei batteri scoperti è bassa ma dobbiamo conoscere la cifra esatta e sapere cosa sia accaduto", ha aggiunto.





Multinazionali, un libro contro i poteri forti
La casa editrice romana Newton Compton inaugura una collana "coraggiosa": nel mirino le multinazionali, il Vaticano, la camorra. "Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere" l'ultimo titolo uscito, del tedesco Klaus Werner–Lobo. Un elenco di casi eclatanti di sfruttamento e violazione dei diritti umani e dell’ambiente: Adidas, Nike, Coca Cola, Nestlè, Mc Donald, Walt Disney, Microsoft, Apple, Nokia, Siemens... Nella collana anche un saggio sullo sfruttamento dell'Africa

Le nostre inchieste sulla responsabilità sociale d’impresa ci hanno spesso portato a segnalare i comportamenti “poco virtuosi”, per usare un eufemismo, delle grandi multinazionali del pianeta. Per questo, vogliamo porre alla vostra attenzione un libro della casa editrice romana Newton Compton uscito da poco e che è proprio intitolato, in maniera un po’ inquietante, “Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere”. La Newton Compton ha, infatti, inaugurato una collana molto “coraggiosa” che va a stuzzicare i cosiddetti 'poteri forti'; vi troviamo altri titoli scottanti come: “Il libro che il Vaticano non ti farebbe mai leggere”, “La casta della mondezza”, “La santa casta della Chiesa”, “I servizi segreti del Vaticano”, “Il libro che la camorra non ti farebbe mai leggere”, “Il libro che lo Stato italiano non ti farebbe mai leggere”, “Il libro che la tua chiesa non ti farebbe mai leggere” o, ancora, immancabile “Il libro nero del petrolio”. Tutti volumi molto “appetitosi” che verrebbe la voglia di “divorare” immediatamente, almeno se si è appassionati di quella che viene definita “controinformazione” e che spesso, qui in Italia, coincide con l’informazione vera.
“Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere” richiama, naturalmente, tutti gli sforzi e le campagne, a partire dalla fine degli anni Ottanta, di denuncia dei crimini e delle strategie di sfruttamento di cui si sono rese protagoniste le grandi multinazionali mondiali, spesso di origine statunitense. Ma l’autore, il tedesco Klaus Werner–Lobo, ha voluto andare oltre, cercando di spiegare quali siano i nessi fra problemi globali come accentramento del potere, sfruttamento, corruzione, guerra, razzismo e la nostra quotidianità. Stimolato ed incalzato dalle domande e dalle richieste degli studenti con cui ha discusso di questi argomenti in questi ultimi anni. In primis alle nuove generazioni, infatti, si devono offrire delle risposte precise, ma, allo stesso tempo, prospettare delle alternative per non perdere totalmente la fiducia in questo mondo. Grazie alla globalizzazione, le multinazionali sono diventate i padroni del mondo: fanno pressione sui governi, traggono profitto dallo sfruttamento, dalla violazione dei diritti umani e dell’ambiente, e, inoltre, mettono a repentaglio la nostra democrazia.

Ma chi sono questi 'mostri'? L’autore non ha certo paura a fare nome (e cognomi). Oltre a grandi marchi come Adidas, Nike, Chiquita, Coca Cola, Nestlè, Bayer, Unilever, Philip Morris, Kraft, Mc Donald, Walt Disney che abbiamo già imparato a criticare, se non a boicottare in questo ultimo ventennio - grazie all’attivismo e le denuncie di numerose organizzazioni internazionali -, alla “black list” si sono aggiunte molte altre aziende, specie quelle legate all’informatica e alle telecomunicazioni, che hanno fatto fortuna in un arco di tempo relativamente limitato. Pensiamo subito a Microsoft di Bill Gates, ma anche a Apple che, per fabbricare i suoi famosi I-Pod, nella provincia cinese di Shenzen, uno dei simboli del lavoro globalizzato, si “avvale”, insieme ad altre società, dello sfruttamento di giovane donne capaci di lavorare 15 ore al giorno per una paga mensile che non supera i 50 dollari. Eppoi, c’è Nokia, il maggior produttore di telefonini al mondo che si fregia di un codice comportamentale, nella prassi, poco rispettato. Dopo aver ricevuto ingenti finanziamenti statali, nel 2008, Nokia fece perdere migliaia di posti di lavoro alla città tedesca di Bochum decidendo di trasferire la propria produzione in Romania e scatenando un’ondata di violente proteste in tutta la Germania. Anche Siemens non fa bella figura nel libro: distrugge l’ambiente con le sue dighe nei paesi poveri, è stata coinvolta in un clamoroso scandalo di tangenti, appartiene alla lobby dell’energia nucleare. Ovviamente, nella lista ci sono anche banche e petrolieri, ma Werner-Lobo tiene a precisare che quelli da lui citati sono solo i casi più eclatanti; in verità, la lista sarebbe infinita.

L’autore, come detto, non vuole, tuttavia, dimostrarsi catastrofista, sperando ancora in un mondo migliore o più umanizzato. A tal proposito, rielaborando anche le proposte e i risultati raggiunti dagli attivisti di tutto il mondo, prova a suggerirci delle linee d’azione. Non si tratta solo di consumo consapevole o commercio equo solidale, ma soprattutto di azione politica. Per Werner-Lobo, infatti, la questione cruciale è ripensare completamente la propria esistenza, ossia imparare ad amare noi stessi e quindi non essere schiavizzati dai modelli materialistici e, rivolgendosi principalmente ai giovani, impegnare costruttivamente il proprio tempo libero: è molto più emozionante e arricchente conoscere come “gira il mondo” e i suoi meccanismi perversi per provare a bloccarli magari con qualche azione collettiva di boicottaggio, invece che starsene seduti su una panchina per far passare la giornata o far tappa nei vari McDonald della propria città.




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