giovedì 10 ottobre 2013

Expo di Milano... (serve davvero?)


PERCHE' NO EXPO
Uscire da Expo è possibile...facciamolo ora!
3 MLD DI EURO SPRECATI PER EXPO? 16 MLN DI EURO PER USCIRNE SUBITO!


Il regolamento del BIE (Bureau International des Expositions) prevede la possibilità di rinunciare a Expo2015 attraverso il pagamento di penali crescenti. Uscire da Expo è non solo possibile ma urgente: il ritiro della candidatura milanese se effettuato entro aprile 2012 comporterebbe una penale di 16,2 Mln di euro. A partire da maggio 2012, e fino ad aprile 2013, la penale, (comunque irrisoria rispetto ai soldi da trovare per realizzarlo) lieviterà a 51,6 Mln di euro. Le penali devono essere sostenute dalla società Expo 2015 s.p.a. pro quota fra i soci che la compongono (Governo 40%, Comune di Milano 20%, Regione Lombardia 20%, Provincia di Milano 10%, Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano 10%. In sostanza il 90% delle quote sono pubbliche (Governo e Enti Locali). In caso di rinuncia a Expo 2015 entro aprile 2012, la penale per la nostra città sarebbe pari a 3,2 milioni di euro. Niente rispetto al deficit di bilancio locale (500 Mln di euro), poco se paragonato ai 28 Mln di euro che il Comune dovrà versare per entrare nella società Arexpo, che si fa carico dell’acquisto dell’area di Rho-Pero dove svolgere l’evento, con il 34,6% delle quote.
A quattro anni dall’assegnazione, Expo2015 oltre che inutile e nocivo per il territorio, resta un progetto vuoto (l’immaginario proposto è in continuità con la città vetrina fatta di grattacieli, rendita fondiaria, eventi, poli logistico-commerciali, infrastrutture viabilistiche…che ben conosciamo). Questo vuoto, unito alla necessità di reperire finanziamenti drenando le già scarse risorse pubbliche, rende Expo 2015 oltremodo pericoloso per la nostra città ed insostenibile in termini sociali, ambientali oltre che economici. Per Expo il patto di stabilità non è più un dogma inviolabile. Comune, Provincia e Regione hanno chiesto a Monti una deroga al patto di 130 Mln di euro. Ossia continueranno a indebitarsi per organizzare un’esposizione che genererà altro debito, come i mega-eventi degli ultimi anni, la rinuncia di Roma alla candidatura olimpica, la ritirata del Portogallo dal corridoio 5 del TAV hanno dimostrato. La Grecia (ricordate le Olimpiadi di Atene?) è vicina. La politica italiana aspira a seguirla con tutte le energie e insiste con un Expo a perdere (costo 1,3 mld più altri 10 mld di infrastrutture) quando con 16 mln di euro di penale può essere abbandonato. Uscirne ora spendendo l’1%, e risparmiando il restante 99%, ci sembra l’unica opzione credibile e ragionevole. Perché tutto questo? Grandi opere, grandi eventi; così il blocco di potere economico-politico-finanziario (trasversale agli schieramenti) vuole rilanciare un modello di sviluppo economico e di sfruttamento di città e territori vecchio e senza futuro. Dalla Spagna ad Atene, a Londra, vediamo questi immaginari di ricchezza diventare sciagure per persone, territori e casse pubbliche. Beni comuni sacrificati e saccheggiati, privatizzazioni e tagli allo stato sociale sono le risorse con cui alimentare il profitto di banche, speculatori, multinazionali della logistica e dei servizi. Expo2015 è la shock economy milanese: inutili padiglioni tra grattacieli, centri commerciali e alberghi; aree agricole e sistema delle acque sacrificati per il business di Fiera, cooperative, banche, costruttori. Chi paga? La grande crisi ci percuote: i mercati hanno imposto a Governo ed Enti Locali la priorità del riassesto di bilancio a scapito di tutto il resto. In tutto il resto ci sono i servizi alla persona, la gestione del patrimonio pubblico ed il governo del territorio. Con le casse comunali vuote, Pisapia trova i soldi per comprare le aree Expo, mentre il suo assessore Tabacci impone tagli ai servizi, aumenti di tariffe e ulteriori privatizzazioni di patrimonio pubblico. Si continua a parlare di grande opportunità, ma per chi? Chi paga e chi ci guadagna? Nessuna risposta né ieri, né oggi. La crisi picchia duro nella capitale della precarietà, dove il min funzionale è composto di case a prezzi inaccessibili, speculazione sul vuoto abitativo e assenza di investimento sul diritto all’abitare, comprese l’abbandono delle Cascine che dovevano essere uno dei simboli di Expo. Il tutto sotto l’egida di Formigoni, vero deus ex macchina dell’affaire Expo: Commissario di Governo, responsabile delle infrastrutture con la Regione, sodale di Fiera, unico ad avere i soldi (i nostri) per pagare le quote di Expo Spa e Arexpo Spa. Si trovano le risorse per Expo mentre il Comune utilizza lavoro a cottimo differito (rilevatori censimento), taglia i precari amministrativi, progetta la multiutility “del nord”, svende parte di Sea e Serravalle. Nonostante l’asse finanza/mattone stia navigando in cattive acque, il territorio è monetizzato e la bolla immobiliare che si gonfia. Magari esploderà proprio dopo Expo come è successo a Zaragoza (Expo’08), quando il valore degli immobili è calato del 40% in 2 anni. Nelle promesse di nuovi posti di lavoro possiamo leggere in filigrana l’incombere di lavoro nero, caporalato, infiltrazioni mafiose. Rinunciare ora a Expo è il presupposto imprescindibile per un’idea diversa di città, pubblica, innanzi tutto per uscire dalla logica dominante di privatizzazioni e sussidiarietà; dove i diritti dell’abitare prevalgano sulla rendita, gli spazi di socialità e verde anteposti ai grigi grattacieli, la mobilità lenta e sostenibile prevalga su inutili infrastrutture e centri commerciali. Uscire da Expo e salvare aree agricole da cave, cantieri, criminalità organizzata e improbabili serre virtuali. Expo 2015 è un vuoto progetto su carta, crisi e beni comuni sono cose reali. No Expo è una scelta a salvaguardia del territorio, della sua economia, della società, del bilancio pubblico. Al fianco dell’opposizione sociale a Tav e Tem, perchè tocca ai territori, alle persone, a noi tutti, ribellarsi alla follia di Expo e scardinare il modello di sviluppo che impone debito e sacrificio di beni comuni e diritti. Contro l’economia dei disastri che precarizza i corpi, violenta i territori e scippa la ricchezza prodotta dal sociale. Fermiamo Expo, volano usato per ridefinire il territorio metro lombardo. Lacampagna per abbandonare Expo2015 è cominciata, diffondiamola! 1% SPESO – 99% RISPARMIATO http://www.inventati.org/offtopic/?p=236#comment-38


PERCHE' NO EXPO - Uscire da Expo è possibile..facciamolo ora!
3 MLD DI EURO SPRECATI PER EXPO? 16 MLN DI EURO PER USCIRNE SUBITO!
1% SPESO  =  99% RISPARMIATO
Il regolamento del BIE (Bureau International des Expositions) prevede la possibilità di rinunciare a Expo2015 attraverso il pagamento di penali crescenti. Uscire da Expo è non solo possibile ma urgente: il ritiro della candidatura milanese se effettuato entro aprile 2012 comporterebbe una penale di 16,2 Mln di euro. A partire da maggio 2012, e fino ad aprile 2013, la penale, (comunque irrisoria rispetto ai soldi da trovare per realizzarlo) lieviterà a 51,6 Mln di euro. Le penali devono essere sostenute dalla società Expo 2015 s.p.a. pro quota fra i soci che la compongono (Governo 40%, Comune di Milano 20%, Regione Lombardia 20%, Provincia di Milano 10%, Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano 10%. In sostanza il 90% delle quote sono pubbliche (Governo e Enti Locali). In caso di rinuncia a Expo 2015 entro aprile 2012, la penale per la nostra città sarebbe pari a 3,2 milioni di euro. Niente rispetto al deficit di bilancio locale (500 Mln di euro), poco se paragonato ai 28 Mln di euro che il Comune dovrà versare per entrare nella società Arexpo, che si fa carico dell’acquisto dell’area di Rho-Pero dove svolgere l’evento,  con il 34,6% delle quote.
 A quattro anni dall’assegnazione, Expo2015 oltre che inutile e nocivo per il territorio, resta un progetto vuoto (l’immaginario proposto è in continuità con la città vetrina fatta di grattacieli, rendita fondiaria, eventi, poli logistico-commerciali, infrastrutture viabilistiche…che ben conosciamo). Questo vuoto, unito alla necessità di reperire finanziamenti drenando le già scarse risorse pubbliche, rende Expo 2015 oltremodo pericoloso per la nostra città ed insostenibile in termini sociali, ambientali oltre che economici. Per Expo il patto di stabilità non è più un dogma inviolabile. Comune, Provincia e Regione hanno chiesto a Monti una deroga al patto di 130 Mln di euro. Ossia continueranno a indebitarsi per organizzare un’esposizione che genererà altro debito, come i mega-eventi degli ultimi anni, la rinuncia di Roma alla candidatura olimpica, la ritirata del Portogallo dal corridoio 5 del TAV hanno dimostrato. La Grecia (ricordate le Olimpiadi di Atene?) è vicina. La politica italiana aspira a seguirla con tutte le energie e insiste con un Expo a perdere (costo 1,3 mld più altri 10 mld di infrastrutture) quando con 16 mln di euro di penale può essere abbandonato. Uscirne ora spendendo l’1%, e risparmiando il restante 99%, ci sembra l’unica opzione credibile e ragionevole.

Perché tutto questo?
Grandi opere, grandi eventi; così il blocco di potere economico-politico-finanziario  (trasversale agli schieramenti) vuole rilanciare un modello di sviluppo economico e di sfruttamento di città e territori vecchio e senza futuro. Dalla Spagna ad Atene, a Londra, vediamo questi immaginari di ricchezza diventare sciagure per persone,  territori e casse pubbliche. Beni comuni sacrificati e saccheggiati, privatizzazioni e tagli allo stato sociale sono le risorse con cui alimentare il profitto di banche, speculatori, multinazionali della logistica e dei servizi.  Expo2015 è la shock economy milanese: inutili padiglioni tra grattacieli, centri commerciali e alberghi; aree agricole e sistema delle acque sacrificati per il business di Fiera, cooperative, banche, costruttori.

Chi paga?
La grande crisi ci percuote: i mercati hanno imposto a Governo ed Enti Locali la priorità del riassesto di bilancio a scapito di tutto il resto. In tutto il resto ci sono i servizi alla persona, la gestione del patrimonio pubblico ed il governo del territorio. Con le casse comunali vuote,  Pisapia trova i soldi per comprare le aree Expo, mentre il suo assessore Tabacci impone tagli ai servizi, aumenti di tariffe e ulteriori privatizzazioni di patrimonio pubblico. Si continua a parlare di grande opportunità, ma per chi? Chi paga e chi ci guadagna? Nessuna risposta né ieri, né oggi. La crisi picchia duro nella capitale della precarietà, dove il min funzionale è composto di case a prezzi inaccessibili, speculazione sul vuoto abitativo e assenza di investimento sul diritto all’abitare, comprese l’abbandono delle Cascine che dovevano essere uno dei simboli di Expo. Il tutto sotto l’egida di Formigoni, vero deus ex macchina dell’affaire Expo: Commissario di Governo, responsabile delle infrastrutture con la Regione, sodale di Fiera, unico ad avere i soldi (i nostri) per pagare le quote di Expo Spa e Arexpo Spa. Si trovano le risorse per Expo mentre il Comune utilizza lavoro a cottimo differito (rilevatori censimento), taglia i precari amministrativi, progetta la multiutility “del nord”, svende parte di Sea e Serravalle. Nonostante l’asse finanza/mattone stia navigando in cattive acque, il territorio è monetizzato e la bolla immobiliare che si gonfia. Magari esploderà proprio dopo Expo come è successo a Zaragoza (Expo’08), quando il valore degli immobili è calato del 40% in 2 anni. Nelle promesse di nuovi posti di lavoro possiamo leggere in filigrana l’incombere di lavoro nero, caporalato, infiltrazioni mafiose.

Rinunciare ora a Expo è il presupposto imprescindibile per un’idea diversa di città, pubblica, innanzi tutto per uscire dalla logica dominante di privatizzazioni e sussidiarietà; dove i diritti dell’abitare prevalgano sulla rendita, gli spazi di socialità e verde anteposti ai grigi grattacieli, la mobilità lenta e sostenibile prevalga su inutili infrastrutture e centri commerciali. Uscire da Expo e salvare aree agricole da cave, cantieri, criminalità organizzata e improbabili serre virtuali.

Expo 2015 è un vuoto progetto su carta, crisi e beni comuni sono cose reali. No Expo è una scelta a salvaguardia del territorio, della sua economia, della società, del bilancio pubblico. Al fianco dell’opposizione sociale a Tav e Tem, perchè tocca ai territori, alle persone, a noi tutti, ribellarsi alla follia di Expo e scardinare il modello di sviluppo che impone debito e sacrificio di beni comuni e diritti.

Contro l’economia dei disastri che precarizza i corpi, violenta i territori e scippa la ricchezza prodotta dal sociale. Fermiamo Expo, volano usato per ridefinire il territorio metro lombardo.









Expo 2015, il prefetto blocca la prima impresa per legami con la criminalità
Nella serata di mercoledì la Prefettura ha siglato un provvedimento di interdizione nei confronti di un’azienda che opera che opera sui lavori di interconnessione stradale che portano al cantiere dell'Expo 2015. Si tratta della Fondazioni Speciali spa. E' la prima volta, dall'avvio dei cantieri, che una azienda viene bloccata in seguito a una 'informativa tipica'. In cui, cioè, il legame con elementi e fatti criminali è certo e tale da inibire lavori e commessa
Expo, la Prefettura blocca un’altra impresa e stavolta il collegamento con la criminalità organizzata è la base della decisione. Un fulmine, il secondo in pochi mesi, nel cielo di Milano e sotto l’arcobaleno di Giuliano Pisapia. Nella serata di mercoledì la Prefettura ha siglato un provvedimento di interdizione nei confronti di un’azienda che opera sui lavori di interconnessione stradale che portano al cantiere dell’Expo 2015. Si tratta della Fondazioni Speciali spa, società parmense di geoingegneria del gruppo Italterra con commesse in tutta Italia che sta ristrutturando la viabilità per congiungere la fermata metropolitana di Molino Dorino con l’autostrada del Laghi A8/A9.
L’azienda opera in un raggruppamento (ATI) con la Adrenalina Srl, azienda attualmente presente nel cantiere. La commessa in questione è una fra le maggiore delle opere connesse per l’accesso al sito Expo 2015 ed è stata posta in gara ad un importo pari a 123.584.975 euro + iva  ed assegnata a 99.549.649 + iva; l’azienda assegnataria è il consorzio Eureco composto da alcune fra le maggiori aziende del settore come la Cmb, l’Unieco, la Cfl.
A firmare l’interdittiva è stato il prefetto in persona sulla base di una informativa tipica prevista dalla legge antimafia (n.47/1994). A seguito di indagini sono emerse informazioni pregiudiziali sulle aziende coinvolte tali da determinare il blocco automatico dell’appalto e dei lavori, senza neppure avvertire la stazione appaltante (Infrastrutture lombarde, Il Spa).  La notizia ha un valore che va già oltre se stessa, si riverbera sul piano politico perché investe direttamente il problema delle infiltrazioni criminali, dei controlli e dei tempi di realizzazione delle opere connesse.
La “scomunica” segue infatti di pochi mesi un clamoroso precedente che ha visto gli organi di controllo scivolare sul bagnato. L’azienda che per prima ha messo piede sui cantieri, la Elios Srl di Piacenza, era indagata per una vicenda di bonifiche sospette in Piemonte e nessuno se n’era accorto. Una volta appresa la notizia dai giornali, è scattata la revoca dell’appalto. L’episodio aveva messo in luce l’inadeguatezza del “patto di legalità” costituito per la gestione degli appalti Expo 2015 ma la seconda interdizione alza anche la posta per tre ragioni: non è più frutto di una informativa atipica (che si limita a segnalare alla stazione appaltante fattispecie che non costituiscono direttamente un reato ma a fronte delle quali si segnala l’opportunità di una valutazione da parte della stazione appaltante) ma è l’effetto di una “informativa tipica”, il legame con elementi e fatti criminali è certo e di gravità tale da inibire subito lavori e commessa.
Il valore dell’appalto generale è molto più elevato e il subappalto interrotto coinvolge aziende di primissimo piano; i lavori non sono più per la rimozione preliminare delle interferenze ma per realizzare la cosiddetta “strad-Expo” cioè il collegamento stradale tra autostrada dei Laghi, statale del Sempione (SS11); la Fondazioni Speciali Spa non è un papa straniero ma opera stabilmente in Regione Lombardia su progetti chiave, come la Pedemontana Lombarda.
La notizia coglie di sorpresa anche i sindacati che hanno immediatamente chiesto un’incontro a Infrastrutture Lombarde, concessionaria regionale che fa capo a Regione Lombardia per sapere quali siano le ragioni del provvedimento e come si intenda tutelare i lavoratori oggi impegnati in cantiere, circa una ventina al momento. “E’ un ombra pesantissima sul cammino dell’Expo”, dice a caldo Antonio Lareno della Cgil.
Per Regione Lombardia la notizia ha anche un altro effetto. La società revocata è infatti attiva sul cantiere di una delle tre infrastrutture prioritarie della Lombardia cioé Pedemontana Lombarda. In particolare un contratto di subappalto con il contraente generale (Pedelombarda) affida a Fondazioni Speciali le opere di scavo delle gallerie di Como e Morazzone. “L’informativa - spiega il direttore generale Antonio Rognoni - ci è stata comunicata il 26 settembre e il giorno seguente abbiamo notificato la revoca sui presupposti di una interdizione antimafia. Per dare continuità ai cantieri abbiamo chiesto alle altre società (Adrenalina, ndr) di assumere i 70 lavoratori per non danneggiarli e dare continuità alle opere. A breve, il 3 o il 5 ottobre, abbiamo un incontro con i sindacati per mettere a punto la procedura”. Nessun imbarazzo per il segnale di un’avanzamento della mafia verso Expo? “Io sono un tecnico e posso solo dire che i controlli funzionano e che siamo stati tempestivi e risoluti nelle decisioni conseguenti, in 24 ore abbiamo dato seguito alla revoca”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/28/expo-2015-prefetto-blocca-prima-impresa-per-legami-con-criminalita-organizzata/366346/






Expo 2015, il prefetto blocca la prima impresa per legami con la criminalità
Nella serata di mercoledì la Prefettura ha siglato un provvedimento di interdizione nei confronti di un’azienda che opera che opera sui lavori di interconnessione stradale che portano al cantiere dell'Expo 2015. Si tratta della Fondazioni Speciali spa. E' la prima volta, dall'avvio dei cantieri, che una azienda viene bloccata in seguito a una 'informativa tipica'. In cui, cioè, il legame con elementi e fatti criminali è certo e tale da inibire lavori e commessa

Expo, la Prefettura blocca un’altra impresa e stavolta il collegamento con la criminalità organizzata è la base della decisione. Un fulmine, il secondo in pochi mesi, nel cielo di Milano e sotto l’arcobaleno di Giuliano Pisapia. Nella serata di mercoledì la Prefettura ha siglato un provvedimento di interdizione nei confronti di un’azienda che opera sui lavori di interconnessione stradale che portano al cantiere dell’Expo 2015. Si tratta della Fondazioni Speciali spa, società parmense di geoingegneria del gruppo Italterra con commesse in tutta Italia che sta ristrutturando la viabilità per congiungere la fermata metropolitana di Molino Dorino con l’autostrada del Laghi A8/A9.

L’azienda opera in un raggruppamento (ATI) con la Adrenalina Srl, azienda attualmente presente nel cantiere. La commessa in questione è una fra le maggiore delle opere connesse per l’accesso al sito Expo 2015 ed è stata posta in gara ad un importo pari a 123.584.975 euro + iva  ed assegnata a 99.549.649 + iva; l’azienda assegnataria è il consorzio Eureco composto da alcune fra le maggiori aziende del settore come la Cmb, l’Unieco, la Cfl.

A firmare l’interdittiva è stato il prefetto in persona sulla base di una informativa tipica prevista dalla legge antimafia (n.47/1994). A seguito di indagini sono emerse informazioni pregiudiziali sulle aziende coinvolte tali da determinare il blocco automatico dell’appalto e dei lavori, senza neppure avvertire la stazione appaltante (Infrastrutture lombarde, Il Spa).  La notizia ha un valore che va già oltre se stessa, si riverbera sul piano politico perché investe direttamente il problema delle infiltrazioni criminali, dei controlli e dei tempi di realizzazione delle opere connesse.

La “scomunica” segue infatti di pochi mesi un clamoroso precedente che ha visto gli organi di controllo scivolare sul bagnato. L’azienda che per prima ha messo piede sui cantieri, la Elios Srl di Piacenza, era indagata per una vicenda di bonifiche sospette in Piemonte e nessuno se n’era accorto. Una volta appresa la notizia dai giornali, è scattata la revoca dell’appalto. L’episodio aveva messo in luce l’inadeguatezza del “patto di legalità” costituito per la gestione degli appalti Expo 2015 ma la seconda interdizione alza anche la posta per tre ragioni: non è più frutto di una informativa atipica (che si limita a segnalare alla stazione appaltante fattispecie che non costituiscono direttamente un reato ma a fronte delle quali si segnala l’opportunità di una valutazione da parte della stazione appaltante) ma è l’effetto di una “informativa tipica”, il legame con elementi e fatti criminali è certo e di gravità tale da inibire subito lavori e commessa.

Il valore dell’appalto generale è molto più elevato e il subappalto interrotto coinvolge aziende di primissimo piano; i lavori non sono più per la rimozione preliminare delle interferenze ma per realizzare la cosiddetta “strad-Expo” cioè il collegamento stradale tra autostrada dei Laghi, statale del Sempione (SS11); la Fondazioni Speciali Spa non è un papa straniero ma opera stabilmente in Regione Lombardia su progetti chiave, come la Pedemontana Lombarda.

La notizia coglie di sorpresa anche i sindacati che hanno immediatamente chiesto un’incontro a Infrastrutture Lombarde, concessionaria regionale che fa capo a Regione Lombardia per sapere quali siano le ragioni del provvedimento e come si intenda tutelare i lavoratori oggi impegnati in cantiere, circa una ventina al momento. “E’ un ombra pesantissima sul cammino dell’Expo”, dice a caldo Antonio Lareno della Cgil. 

Per Regione Lombardia la notizia ha anche un altro effetto. La società revocata è infatti attiva sul cantiere di una delle tre infrastrutture prioritarie della Lombardia cioé Pedemontana Lombarda. In particolare un contratto di subappalto con il contraente generale (Pedelombarda) affida a Fondazioni Speciali le opere di scavo delle gallerie di Como e Morazzone. “L’informativa - spiega il direttore generale Antonio Rognoni - ci è stata comunicata il 26 settembre e il giorno seguente abbiamo notificato la revoca sui presupposti di una interdizione antimafia. Per dare continuità ai cantieri abbiamo chiesto alle altre società (Adrenalina, ndr) di assumere i 70 lavoratori per non danneggiarli e dare continuità alle opere. A breve, il 3 o il 5 ottobre, abbiamo un incontro con i sindacati per mettere a punto la procedura”. Nessun imbarazzo per il segnale di un’avanzamento della mafia verso Expo? “Io sono un tecnico e posso solo dire che i controlli funzionano e che siamo stati tempestivi e risoluti nelle decisioni conseguenti, in 24 ore abbiamo dato seguito alla revoca”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/28/expo-2015-prefetto-blocca-prima-impresa-per-legami-con-criminalita-organizzata/366346/




- Documenti/files utili: http://goo.gl/X7JRdm


- Ultimi aggiornamenti:
http://luigipiccirillo.blogspot.it/2013/10/m5s-milano-denuncia-i-costi-occulti-di.html
http://luigipiccirillo.blogspot.it/2013/11/expo-gli-scempi-ambientali-e-le-vie.html
http://luigipiccirillo.blogspot.it/2013/11/mafia-expo-come-expo-politica-collusa-e.html




OTTIMO RELAZIONE CHE ARGOMENTA BENE DEL PERCHÉ' L'INSENSATEZZA:
http://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2014/05/Perch%C3%A9-lExpo-%C3%A8-un-grande-errore.pdf




http://goo.gl/pGTtda





























‘Ndrangheta e politica, 13 arresti in Lombardia e Calabria: “Interessi in Expo”
I Carabinieri stanno eseguendo in Lombardia e Calabria 13 arresti, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano, nei confronti di altrettanti indagati per associazione di tipo mafioso. L’indagine è diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria. I 13 indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio. Al centro delle indagini del Ros dei Carabinieri due gruppi della ‘ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015.

Gli arrestati avevano con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario da cui ottenevano vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. In particolare avevano rapporti con un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare, attivo anche nel mondo bancario e con dei consiglieri comunali di comuni nel Milanese. I particolari dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa alle 11 negli uffici della Procura.


Sotto l'EXPO c'è di TUTTO:




Gomme-Copertoni sotto Expo 2015


video-esclusiva ‪#‎M5S‬ dai cantieri Expo: ecco come NON sono stati bonificati i terreni prima di costruirci sopra!

Una montagna di pneumatici seppelliti affiora a fianco dei lavori in corso del “Decumano”, la via principale di Expo2015. Possiamo immaginare come siano state accurate le bonifiche effettuate sui terreni, per le quali naturalmente sono già stati riconosciuti extra-costi ai soliti costruttori.

https://www.facebook.com/video.php?v=993393417353451&set=vb.192097894149678&type=2&theater





#EXPO, A FARINETTI SENZA GARA L’OSTERIA PIÙ GRANDE AL MONDO (Gianni Barbacetto e Marco Maroni).


LA CORTE DEI CONTI SEGNALA: TANTI APPALTI, POCHI CONCORSI. EATALY GESTIRÀ 20 RISTORANTI IN DUE PADIGLIONI DA 4 MILA METRI QUADRI SU INCARICO DIRETTO 

Anche la Corte dei conti ha avuto da ridire sul fatto che molti appalti Expo sono stati assegnati senza gara. Il più clamoroso è lo spazio dato a Oscar Farinetti, grande amico e sostenitore di Matteo Renzi: la sua Eataly sarà presente all’esposizione universale 2015 di Milano con due padiglioni da 4 mila metri quadrati ciascuno, in cui funzioneranno 20 ristoranti, uno per regione italiana. Italy is Eataly : sarà il nome di quello che è stato presentato come “il più grande ristorante che mente (e pancia) umana abbia mai pensato”.

INCARICO diretto, per Farinetti, che nei sei mesi dell’evento prevede di servire 2,2 milioni di pasti, in collaborazione con l’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “L’esperienza di Eataly nel settore della gastronomia è uno dei migliori biglietti da visita con cui possiamo presentare il nostro Paese durante l’esposizione universale”, ha spiegato l’amministratore delegato di Expo spa, Giuseppe Sala, quando ha presentato il progetto. Farinetti ha aggiunto che “Eataly non solo è lieta, ma è anche orgogliosa di partecipare da protagonista alla vita di Expo 2015. Basta con i gufi di Expo: i visitatori saranno più dei 20 milioni previsti, saranno almeno 30 milioni, un terzo dei quali stranieri. Sarà l’occasione di fare uno scatto e raddoppiare esportazioni e turismo. Expo cambierà Milano e l’Italia come le Olimpiadi hanno cambiato Torino”. Non solo: “Nel futuro del nostro Paese”, ha aggiunto Farinetti, “per non soccombere, bisogna puntare sull’incremento delle esportazioni di agroalimentare di qualità e sulla crescita del numero di turisti stranieri. Sono le nostre due principali vocazioni, abbiamo prodotti alimentari, paesaggi e un patrimonio di opere d’arte incomparabili. Expo 2015 è un appuntamento fondamentale per favorire questi obiettivi e sicuramente non li mancherà”. Meno lieti i concorrenti di Farinetti. Piero Sassone, presidente di Icif ( Italian Culinary Institute for Foreigners ) – che già ha presentato al presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, un esposto in cui denuncia presunte irregolarità nella gara per la ristorazione al padiglione Italia – si chiede: “Ma è possibile che a Eataly siano stati dati due padiglioni senza gara? Cantone e il Bureau International des Expositions non hanno niente da eccepire?”. I 20 ristoranti di Italy is E a ta l y saranno gestiti a turno, un mese ciascuno, da 120 ristoratori italiani, a cui andrà il 70 per cento degli incassi. Il resto a Farinetti, che nei suoi 8 mila metri quadrati si propone di “esaltare la biodiversità della cucina e dei nostri prodotti agroalimentari, il nostro vero primato nel mondo”.

TRA I RISTORATORI italiani è già partita la gara (sotterranea) per essere presenti: ma con quali criteri saranno decisi i sommersi e i salvati? Con quale discrezionalità? Ottenendo in cambio che cosa? A Farinetti, ex distributore di elettrodomestici (Unieuro), è stato regalato un potere immenso: quello di scegliere i ristoranti e i ristoratori che dovranno rappresentare l’Italia di fronte al mondo. Così Expo, che inizialmente doveva essere la manifestazione planetaria della biodiversità e della sostenibilità, si trasformerà in una grossa sagra postmoderna della gastronomia. E non c’è solo Eataly. Anche Coop ha (senza gara) un grande spazio nell’esposizione: come official premium partner ”, dietro versamento di 12,4 milioni di euro, sta mettendo in piedi una delle cinque aree tematiche dell’esposizione, il Future food district , 2.500 metri quadrati di supermercato digitalizzato del futuro.

Sono una decina i marchi del settore alimentare e della distribuzione che figurano come partner o sponsor di Expo. Da loro, la società di Sala, in cambio della visibilità e degli spazi assegnati, riceve denaro e forniture di beni o servizi. Le entrate previste per Expo spa sono di 400 milioni. Chi paga di più, almeno 20 milioni, è official global partner (Telecom, Fiat, Intesa, Samsung e anche, a dimostrazione che per cercare di far quadrare i conti non si va per il sottile, Selex Es, società del settore difesa, cioè armamenti e affini).

CHI SGANCIA tra i 10 e i 20 milioni, come Coop, è invece official premium partner . Si è infine official partner con un investimento tra i 3 e i 10 milioni: tra questi, Moretti (gruppo Heineken), Coca-Cola (che avrà nel sito un intero padiglione), SanPellegrino (gruppo Nestlé), Ferrero, Illy, Martini & Rossi (Bacardi), Algida (Unilever) e San He Tea. Sopra tutti, Farinetti, che nel 2015 è destinato a diventare il padrone della ristorazione italiana.






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